Carleton University - (Greek and Roman Studies) - winter 2017 |
Si dice spesso che bisogna avere il coraggio di seguire i propri sogni: cammino arduo, difficile, ma capace di donare una ricompensa inquantificabile, se percorso fino in fondo. Eppure, in pochi cercano di dare risposta ad un altro interrogativo: cosa accadrebbe se cominciassimo ad inseguire le nostre paure, ad affrontarle invece di seppellirle in un angolino, sperando che svaniscano? Forse l'insperato, l'inimmaginabile.
Lo scorso inverno, accettai, con un misto di incoscienza, euforia e di impulsività, un incarico alla Carleton University, l'ateneo canadese che mi aveva visto prima come studentessa internazionale e poi come tesista nell'arco di due anni. continua... (english version below)
Eppure, non sarei tornata per rinverdire i miei ricordi o per salutare gli amici e i volti conosciuti durante questi due soggiorni. Stavolta, sarei tornata in Canada per insegnare: a me il compito di trasmettere la passione e la curiosità per la storia romana e la lingua greca antica ad una platea di studenti universitari alle prime armi, in cui avrei potuto rivedere molto dei miei esordi e, forse, mi sarei ancora rispecchiata con preoccupante facilità. Improvvisamente, mentre tutti si complimentavano per la proposta e mi rinnovavano i loro migliori auguri, un timore sottile mi invadeva e si insediava nelle parole, pur gioiose, con cui riferivo la notizia: la paura di non farcela, di non essere all'altezza, di aver ricevuto un dono troppo grande, che, pensavo in cuor mio, forse ancora non mi meritavo del tutto. Quel timore non se ne andò tanto presto: mi accompagnò nelle mie ultime settimane trentine, durante i preparativi natalizi, rintanato in un angolino della mia mente e pronto a scattare sull'attenti ogni qualvolta immaginavo gli scenari che mi si sarebbero aperti in quel freddo gennaio 2017 a Ottawa, quando avrei cominciato la mia terza avventura nel Nuovo mondo. Quel timore fu con me anche durante i primi giorni di lezione: guardavo gli studenti negli occhi, quei ragazzi di cui potevo intuire entusiasmi ed incertezze, pensando che, invece di questa novellina in fuga dall'Italia, si sarebbero meritati la stessa padronanza e competenza sfoderate dai miei docenti universitari. Li osservavo ed il peso del confronto con i professori che avevano costellato la mia carriera univeristaria si faceva sempre più opprimente, se non martellante: cosa avrei potuto dar loro, io che avevo ancora così tanto da imparare?
Poi, d'un tratto, è avvenuto un cambiamento: un giorno, finalmente, mi sono concessa il lusso di smettere di cercare di fare bene come i miei predecessori e ho cercato di essere solamente la migliore versione di me stessa. Ho capito che, seppur non avessi l'esperienza e la saggezza della maturità dalla mia parte, avrei comunque potuto fare la differenza e dare un qualcosa a questi ragazzi che si stavano incamminando, come me prima di loro, su un percorso nuovo, pieno di bellezze ed ostacoli. Ho realizzato che solo la passione e la voglia di fare sempre un po’ meglio mi avrebbe fatto superare il mio più grande ostacolo: il non sentirsi adeguata, adatta, capace. Ho scoperto che solo dandomi fiducia e sbarazzandomi di inutili paragoni avrei potuto dimostrare, a me prima che a tutti gli altri, come in realtà fossi pronta per questo incarico e che, senza questa esperienza, non avrei potuto continuare il mio percorso, verso un futuro tutto da scrivere, con maggiore convinzione.
E così fu: fra le fredde e nevose giornate dell'inverno canadese, ho imparato a riconoscere come nient'altro alimentasse la mia passione quanto la possibilità di dischiudere ai miei studenti un nuovo mondo, fatto di declinazioni e coniugazioni, così come di imperatori e conquiste. E non c'era soddisfazione più grande dell'osservare come quel mondo remoto, per molti sepolto e impolverato sotto il peso dei secoli trascorsi, potesse ancora penetrare la loro immaginazione e destare il loro interesse e stimolare, ancor oggi, curiosità. Certo, di giornate amare, complicate e difficili ce ne sarebbero state molte, e non solo per via del vento freddo che spirava o per i diversi gradi sotto zero.
Di sbagli, di pentimenti e di dubbi, gli scorsi mesi non sono stati avari. Eppure, per ogni tentazione di arrendersi alla negatività e pensare che tutto fosse inutile, bastavano l'apprezzamento di uno studente, un suo progresso insperato o una nuova domanda in classe per ritrovare l'energia e dirsi che, in fondo, non stavo proprio sbagliando tutto e che ne valesse sempre la pena.
E mentre la primavera faceva il suo timido ingresso a Ottawa, sciogliendo anche gli ultimi cumuli di neve nelle strade, lentamente si faceva strada dentro di me una rinnovata energia, una nuova consapevolezza: questo era ciò per cui sono nata, questa era la mia vocazione ed ero pronta a percorrerla ovunque mi avesse portato, senza sentirmi più "inadeguata". La ragazza intimorita che si avviava verso un lungo viaggio alla volta di Ottawa aveva finalmente lasciato il posto ad una Cecilia diversa, forgiata dalle difficoltà e dai suoi dubbi, ma pronta a dimostrare a se stessa che non potesse esserci sfida troppo grande per non essere abbracciata e superata.
Perciò, la prossima volta che una paura vi attanaglia, vi tormenta o semplicemente vi blocca, non tiratevi indietro: guardatela negli occhi e abbiate il coraggio di darle la caccia fino in fondo, senza esitazioni. Solo affrontando ciò di cui abbiamo più paura, potremo un giorno diventare le persone che vogliamo essere: solo affrontando il buio e il vuoto dei nostri timori più profondi, sapremo conquistare quella felicità che credevamo possibile solo nei nostri sogni più luminosi.
Lo scorso inverno, accettai, con un misto di incoscienza, euforia e di impulsività, un incarico alla Carleton University, l'ateneo canadese che mi aveva visto prima come studentessa internazionale e poi come tesista nell'arco di due anni. continua... (english version below)
Eppure, non sarei tornata per rinverdire i miei ricordi o per salutare gli amici e i volti conosciuti durante questi due soggiorni. Stavolta, sarei tornata in Canada per insegnare: a me il compito di trasmettere la passione e la curiosità per la storia romana e la lingua greca antica ad una platea di studenti universitari alle prime armi, in cui avrei potuto rivedere molto dei miei esordi e, forse, mi sarei ancora rispecchiata con preoccupante facilità. Improvvisamente, mentre tutti si complimentavano per la proposta e mi rinnovavano i loro migliori auguri, un timore sottile mi invadeva e si insediava nelle parole, pur gioiose, con cui riferivo la notizia: la paura di non farcela, di non essere all'altezza, di aver ricevuto un dono troppo grande, che, pensavo in cuor mio, forse ancora non mi meritavo del tutto. Quel timore non se ne andò tanto presto: mi accompagnò nelle mie ultime settimane trentine, durante i preparativi natalizi, rintanato in un angolino della mia mente e pronto a scattare sull'attenti ogni qualvolta immaginavo gli scenari che mi si sarebbero aperti in quel freddo gennaio 2017 a Ottawa, quando avrei cominciato la mia terza avventura nel Nuovo mondo. Quel timore fu con me anche durante i primi giorni di lezione: guardavo gli studenti negli occhi, quei ragazzi di cui potevo intuire entusiasmi ed incertezze, pensando che, invece di questa novellina in fuga dall'Italia, si sarebbero meritati la stessa padronanza e competenza sfoderate dai miei docenti universitari. Li osservavo ed il peso del confronto con i professori che avevano costellato la mia carriera univeristaria si faceva sempre più opprimente, se non martellante: cosa avrei potuto dar loro, io che avevo ancora così tanto da imparare?
Poi, d'un tratto, è avvenuto un cambiamento: un giorno, finalmente, mi sono concessa il lusso di smettere di cercare di fare bene come i miei predecessori e ho cercato di essere solamente la migliore versione di me stessa. Ho capito che, seppur non avessi l'esperienza e la saggezza della maturità dalla mia parte, avrei comunque potuto fare la differenza e dare un qualcosa a questi ragazzi che si stavano incamminando, come me prima di loro, su un percorso nuovo, pieno di bellezze ed ostacoli. Ho realizzato che solo la passione e la voglia di fare sempre un po’ meglio mi avrebbe fatto superare il mio più grande ostacolo: il non sentirsi adeguata, adatta, capace. Ho scoperto che solo dandomi fiducia e sbarazzandomi di inutili paragoni avrei potuto dimostrare, a me prima che a tutti gli altri, come in realtà fossi pronta per questo incarico e che, senza questa esperienza, non avrei potuto continuare il mio percorso, verso un futuro tutto da scrivere, con maggiore convinzione.
E così fu: fra le fredde e nevose giornate dell'inverno canadese, ho imparato a riconoscere come nient'altro alimentasse la mia passione quanto la possibilità di dischiudere ai miei studenti un nuovo mondo, fatto di declinazioni e coniugazioni, così come di imperatori e conquiste. E non c'era soddisfazione più grande dell'osservare come quel mondo remoto, per molti sepolto e impolverato sotto il peso dei secoli trascorsi, potesse ancora penetrare la loro immaginazione e destare il loro interesse e stimolare, ancor oggi, curiosità. Certo, di giornate amare, complicate e difficili ce ne sarebbero state molte, e non solo per via del vento freddo che spirava o per i diversi gradi sotto zero.
Di sbagli, di pentimenti e di dubbi, gli scorsi mesi non sono stati avari. Eppure, per ogni tentazione di arrendersi alla negatività e pensare che tutto fosse inutile, bastavano l'apprezzamento di uno studente, un suo progresso insperato o una nuova domanda in classe per ritrovare l'energia e dirsi che, in fondo, non stavo proprio sbagliando tutto e che ne valesse sempre la pena.
E mentre la primavera faceva il suo timido ingresso a Ottawa, sciogliendo anche gli ultimi cumuli di neve nelle strade, lentamente si faceva strada dentro di me una rinnovata energia, una nuova consapevolezza: questo era ciò per cui sono nata, questa era la mia vocazione ed ero pronta a percorrerla ovunque mi avesse portato, senza sentirmi più "inadeguata". La ragazza intimorita che si avviava verso un lungo viaggio alla volta di Ottawa aveva finalmente lasciato il posto ad una Cecilia diversa, forgiata dalle difficoltà e dai suoi dubbi, ma pronta a dimostrare a se stessa che non potesse esserci sfida troppo grande per non essere abbracciata e superata.
Perciò, la prossima volta che una paura vi attanaglia, vi tormenta o semplicemente vi blocca, non tiratevi indietro: guardatela negli occhi e abbiate il coraggio di darle la caccia fino in fondo, senza esitazioni. Solo affrontando ciò di cui abbiamo più paura, potremo un giorno diventare le persone che vogliamo essere: solo affrontando il buio e il vuoto dei nostri timori più profondi, sapremo conquistare quella felicità che credevamo possibile solo nei nostri sogni più luminosi.
Cecilia Cozzi
English version
People often say that one must be brave enough to follow his own dreams, despite how hard and complicated the path might be. Yet, very few are trying to answer to another important question: what could happen if we would start to pursue our fears, rather than burying them in a corner, hoping they will eventually disappear? Maybe, something unexpected and, therefore, unhoped.
Last winter, I accept a job position at Carleton University, the same university who hosted me as international student and then as a visiting student researcher in 2 years. However, this time I wouldn’t be back to revive my memories or to greet friends and people met during these two incredible experiences. This time, I would have been back to Canada to teach: it was up to me to arise passion on roman history and ancient greek in my new audience, a group of students, in whom I could have seen myself reflected as in a mirror.
All of the sudden, while everyone was congratulating me for the news, a subtle fear invaded me and hided himself within the joyful words with whom I was sharing the news. I was scared of not being able to make it, of not being worthy enough, of having received a too undeserved gift.
That fear didn’t leave me too soon: it stayed with me during my last weeks in Trento, during Christmas preparations. It was protected in a small corner in my mind, but it was also ready to come out every time I started to imagine what would have happened on that cold winter 2017 in Ottawa, for my third adventure in the New World. That fear came with me during my first day of class: I stared at my students in the eyes, thinking that they would have deserved someone more competent and prepared rather than just an unexperienced young lady escaping from Italy. I was looking at them and the weight of the comparison with the professors met during my universitary years became heavier and heavier, even haunting: what could I have been able to give them, since there was so much I still needed to learn?
Then, suddenly, a change happened: one day, I eventually allowed me to stop doing a good job as my professor and I tried to be just the best version of myself. I understood that, even though I was lacking experience and the wisdom of the age, I could have still make the difference, giving something to these students who were just at the beginning of a new, challenging path. I realized that only passion and the will to do better every time could have been the key to overcome my greatest obstacle: feeling inadequate,uncapable. I found out that only by trusting myself and getting rid of senseless comparisons, I could have proved, to me and the others as well, that I was ready for this job and that I wouldn’t have been able to keep on with confidence without it and it happened this way: during the cold and snowy winter days in Canada, I learnt to acknowledge how nothing else was nourishing my inner fire more than the chance to give to my students the key to a new world, made of declensions, stems, but also emperors and conquests. And there was no greater accomplishment than seeing how that remote, dusty and buried ancient world, as it is defined by many, could have still the power to inspire their imagination or hit their curiosity. Surely, there would have been many bitter, sad and complicated days and I am not referring to the cold wind blowing or to the many degrees below zero. Last months have not shown lack of mistakes, doubts, regrets. However, for any temptation to back down and think that everything was pointless, it took only the compliment by a student, a progress we were not hoping for a new question in class to find again the strenght and say that, after all, It was all worthy.
And while spring was making his shy appearance in Ottawa, vanishing even the last bits of snow in the streets, a new awareness gradually came up: this was what I was born for, this was my call and I was ready to chase it wherever it could have taken me , without feeling “inadequate” . The fearful girl who was starting a long journey towards a snowy Ottawa left the place to a new Cecilia, changed by the difficulties and her doubt, but also ready to prove to herself that there was no too big challenge to be embraced and overcome.
Thus, the very next time a fear will haunt you, don’t back down: look at it in the eyes and have the bravery to follow it until the end, without hesitations. Only by facing what we are scared most of, we can become one day the people we want to be. Only by throwing ourselves in the dark and shadow of our gloomiest anxieties, we can conquest that happiness we believed possible only in our brightest dreams.
Last winter, I accept a job position at Carleton University, the same university who hosted me as international student and then as a visiting student researcher in 2 years. However, this time I wouldn’t be back to revive my memories or to greet friends and people met during these two incredible experiences. This time, I would have been back to Canada to teach: it was up to me to arise passion on roman history and ancient greek in my new audience, a group of students, in whom I could have seen myself reflected as in a mirror.
All of the sudden, while everyone was congratulating me for the news, a subtle fear invaded me and hided himself within the joyful words with whom I was sharing the news. I was scared of not being able to make it, of not being worthy enough, of having received a too undeserved gift.
That fear didn’t leave me too soon: it stayed with me during my last weeks in Trento, during Christmas preparations. It was protected in a small corner in my mind, but it was also ready to come out every time I started to imagine what would have happened on that cold winter 2017 in Ottawa, for my third adventure in the New World. That fear came with me during my first day of class: I stared at my students in the eyes, thinking that they would have deserved someone more competent and prepared rather than just an unexperienced young lady escaping from Italy. I was looking at them and the weight of the comparison with the professors met during my universitary years became heavier and heavier, even haunting: what could I have been able to give them, since there was so much I still needed to learn?
Then, suddenly, a change happened: one day, I eventually allowed me to stop doing a good job as my professor and I tried to be just the best version of myself. I understood that, even though I was lacking experience and the wisdom of the age, I could have still make the difference, giving something to these students who were just at the beginning of a new, challenging path. I realized that only passion and the will to do better every time could have been the key to overcome my greatest obstacle: feeling inadequate,uncapable. I found out that only by trusting myself and getting rid of senseless comparisons, I could have proved, to me and the others as well, that I was ready for this job and that I wouldn’t have been able to keep on with confidence without it and it happened this way: during the cold and snowy winter days in Canada, I learnt to acknowledge how nothing else was nourishing my inner fire more than the chance to give to my students the key to a new world, made of declensions, stems, but also emperors and conquests. And there was no greater accomplishment than seeing how that remote, dusty and buried ancient world, as it is defined by many, could have still the power to inspire their imagination or hit their curiosity. Surely, there would have been many bitter, sad and complicated days and I am not referring to the cold wind blowing or to the many degrees below zero. Last months have not shown lack of mistakes, doubts, regrets. However, for any temptation to back down and think that everything was pointless, it took only the compliment by a student, a progress we were not hoping for a new question in class to find again the strenght and say that, after all, It was all worthy.
And while spring was making his shy appearance in Ottawa, vanishing even the last bits of snow in the streets, a new awareness gradually came up: this was what I was born for, this was my call and I was ready to chase it wherever it could have taken me , without feeling “inadequate” . The fearful girl who was starting a long journey towards a snowy Ottawa left the place to a new Cecilia, changed by the difficulties and her doubt, but also ready to prove to herself that there was no too big challenge to be embraced and overcome.
Thus, the very next time a fear will haunt you, don’t back down: look at it in the eyes and have the bravery to follow it until the end, without hesitations. Only by facing what we are scared most of, we can become one day the people we want to be. Only by throwing ourselves in the dark and shadow of our gloomiest anxieties, we can conquest that happiness we believed possible only in our brightest dreams.
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