venerdì 16 maggio 2014

Aspasia, storia di una donna nel racconto di Cecilia Cozzi, recensione di Giuseppe Lorin

 Giuseppe Lorin
da ClickNews recensione di Giuseppe Lorin

Leggere un libro e fantasticare sullo spettacolo teatrale che ne potrebbe scaturire! È così l’approccio avuto alla lettura di questo emozionante romanzo scritto dalla giovane Cecilia Cozzi. 
Potrebbe certo essere un cavallo di battaglia per un’attrice padrona degli spazi teatrali e consapevole della sua professionalità. Manuela Kustermann potrebbe essere la candidata ma anche la multiforme Chiara Pavoni saprebbe come affrontare l’interpretazione del personaggio Aspasia! Ma torniamo al romanzo. Aspasia, alle soglie di una maturità emotiva e fisica incalzante, ripercorre le sue memorie di donna, allietata dalla brezza estiva, osservando l’azzurro spazio marino. La sua vita intensa e avventurosa è stata segnata da un amore unico e irripetibile, il suo Pericle.
Pericle, il più grande statista ateniese, governò la città e la elevò al massimo splendore. Purtroppo, morì di peste durante l’assedio di Atene nel 429 a. C.. Fu suo il merito di far apprezzare Atene per la politica, l’economia, la cultura e le arti in genere. E così la città prosperò fino a diventare il centro del mondo greco.
Fu Pericle che ordinò la costruzione del Partenone e di molti dei monumenti che ancora oggi caratterizzano l’acropoli. Fu proprio nella
vivace Agorà di Atene che Aspasia, approdata da Mileto all’attracco di Atene, incontrò Pericle dallo sguardo intenso e seducente, dotato di eloquio trascinante e dal carisma ammaliante. Lei non era altro che una fanciulla colta e raffinata, approdata in una terra straniera accompagnata da suo padre, l’anziano Alcibiade. Bastò solo uno sguardo e tutto si compì! Da quel momento, comincia un duro cammino per i due amanti, circondati dal sospetto e dalla riprovazione dei più, sullo sfondo di un’Atene travagliata da divisioni politiche e pericolosamente avviata verso una nuova, terribile guerra contro la rivale Sparta.
Tucidide, storiografo a lui contemporaneo, definì Pericle “primo cittadino di Atene”. Il nome stesso di Pericle significa “circondato dalla gloria”.
Aspasia di Mileto era una donna della Ionia che visse per tutta la vita ad Atene.
Aspasia era quindi una straniera per gli ateniesi, infatti, bisognava avere entrambi i genitori ateniesi per essere cittadini di Atene, e questo secondo una legge dello stesso Pericle.
Pericle si innamorò di lei per la sua intelligenza, divorziò quindi dalla moglie e convisse per tutta la vita con Aspasia. Non poteva sposarla perché egli stesso aveva emanato una legge che impediva di sposare gli stranieri. Ecco, vedete, i politici devono essere accorti; nella vita non si sa mai chi si incontra!!! Ma è vero anche il contrario, ovvero, pur facendo le leggi a proprio favore, si rischia di essere spediti in un centro di accoglienza per l’assistenza agli anziani di Alzheimer.
Del rapporto tra il presidente Pericle e la giovane Aspasia, ad Atene si spettegolava molto: l’amore che Pericle dimostrava per la giovane, addirittura baciandola tutti i giorni, era inconcepibile per gli Ateniesi per i quali la moglie non era una persona da amare, ma solamente una generatrice di figli.
Inoltre Aspasia era una donna molto diversa da tutte le altre.
La sua emancipazione e la sua intelligenza ci vengono raccontate da Eschine di Spetto, allievo di Socrate,  che ha scritto in un dialogo una conversazione fra Aspasia, Senofonte, lo storico greco, e la moglie di quest’ultimo:
Cecilia CozziSe la moglie del vicino avesse più oro del tuo, preferiresti avere il tuo o il suo oro?” aveva chiesto Aspasia alla moglie di Senofonte. “Il suo” aveva risposto la donna. “E se avesse abiti e gioielli più ricchi?” “I suoi” “E se avesse un marito migliore del tuo?” La risposta era stato un imbarazzato silenzio. Aspasia si era allora rivolta a Senofonte, e dopo avergli fatto analoghe domande gli aveva chiesto se avrebbe preferito la moglie del vicino, qualora fosse stata migliore. Di nuovo un silenzio imbarazzato. E Aspasia, interpretando il pensiero del suo interlocutore, aveva concluso: “Ciascuno di voi vorrebbe il marito o la moglie migliori. Ma nessuno di voi due ha raggiunto la perfezione; dunque ciascuno di voi rimpiangerà per sempre questo ideale.
Per capire quanto questo discorso sia straordinario, soprattutto se pronunciato da una donna, bisogna esaminare la condizione femminile ad Atene.
Ad Atene le bambine venivano promesse in sposa già all’età di quattro anni e si sposavano appena raggiungevano la pubertà.
Prima del matrimonio dovevano mantenersi caste, dopo il matrimonio dovevano ovviamente mantenersi fedeli al marito; in caso di adulterio una donna veniva processata in pubblica piazza, sempre se il marito non avesse deciso di non esercitare il diritto di ucciderla o farla uccidere! L’uomo invece poteva tradire la moglie senza incorrere nel biasimo sociale. Già da qui si può notare l’asimmetria del rapporto matrimoniale, quindi mi fermo, anche se sulla condizione femminile ateniese si potrebbe dire altro, come per esempio, il ruolo che le donne giocavano nell’“ereditare” il patrimonio, prerogativa puramente maschile.
Quest’idea di matrimonio era completamente opposta a quella di Aspasia: per lei il matrimonio era l’incontro di due persone, entrambe imperfette, che in un rapporto paritario dovevano accettare l’uno i difetti dell’altro. Un’idea ultramoderna ma inconcepibile, per gli Ateniesi dell’epoca.
Ora tenendo conto che Aspasia era una straniera, era una donna così particolare, ma soprattutto che era la concubina di Pericle, uomo dai molti nemici politici, ci si può stupire se venne denunciata e processata per empietà, crimine per cui era prevista la pena di morte?
Pericle, che era il vero bersaglio dell’attacco, davanti alla prospettiva di perdere la sua amata, dimenticò ciò che la prudenza o la tattica politica poteva consigliargli di fare. Si presentò in tribunale e difese la sua compagna con veemenza, con tanta partecipazione da versare lacrime di dolore. I giudici furono così sconvolti da una simile vista che assolsero Aspasia.
Nell’epilogo di questo affascinante romanzo di Cecilia Cozzi che sentiremo di nuovo parlare, Aspasia, affida al vento le sue riflessioni: “Sicuramente la mia, Zefiro, è una storia strana e particolare, una vita tortuosa e avventurosa, ma credo, e lo dico senza presunzione, che meriti di essere ricordata e raccontata e sarai proprio tu a farlo, tu con le tue brezze, dolci e suadenti come il mio amore.
190 pagine da leggere tutte in un fiato! Complimenti, Cecilia Cozzi!

Giuseppe Lorin

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