
Per uno scrittore, le emozioni si rincorrono numerose: l'impazienza di
mettere su carta le prime parole, ancora barcollanti, la paura di
riempire quel bianco del foglio davanti a sé, la soddisfazione di vedere
un racconto prendere vita, acquisire pian piano quella forma, a lungo
solo pensata. Eppure, nessuna può essere paragonata a quella di mettere
in scena la propria opera: dalla pagina, parole, sospiri e carezze
diventano volti, sguardi, mani che si sfiorano e voci che si uniscono.
La commozione è tanta: improvvisamente, Aspasia non è solo un
personaggio, una creatura letteraria tratteggiata fra un capitolo e
l'altro, ma una donna, in carne ed ossa. Piange, sospira, si infiamma
d'amore, ricorda la sua infanzia lontana. Accanto a lei c'è Pericle, il
suo compagno, l'uomo che le ha cambiato la vita. Quando lo descrivevo
proteggere la sua donna, vegliare sul suo cammino e destreggiarsi, mi
immaginavo come sarebbe stato vederlo in azione: socchiudevo gli occhi e
mi compariva davanti, staccandosi lentamente dalle pagine appena
scritte. Stavolta, non avrei dovuto affidarmi alla mia fantasia: Pericle
ritornava dalle ombre della storia e dell'oblio, offrendosi al pubblico
nelle vesti di un semplice uomo innamorato. Si infiamma in tribunale,
consola Aspasia, discute di politica e parla del destino di Atene: il
pubblico segue la sua vita, costellata di successi e tragedie, e non può
non sentirsene intimamente coinvolta. Ed è forse questa la lezione più
grande che uno scrittore possa mai ricavare da una giornata come questa:
il potere dell'arte non smetterà mai di affascinare gli uomini e
restituirci un po' di quell'incantato stupore di cui noi tutti avremmo
bisogno, nella nostra vita.
Cecilia Cozzi
Sergio Rinaldoni (Pericle), Tiziana Schiavoni (Aspasia), Fabio Serpilli (Alcibiade e Aristobulo), Silvano Fabiani (Ippodamo), interventi di Cecilia Cozzi, regia e adattamento di Paolo Brugiati.
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